ISBN 979-12-200-6339-5 ISBN-A 10.979.12200/63395 (2020)

 Percorso turistico "Sulla via di Raimondo de' Sangro principe di San Severo" by Francesco Paolo Pinello (come se fosse la tappa di un Grand Tour dei tempi che furono...)

Ricerche sulla devianza sociale cognitiva e sul mutamento sociale

© Tutti i diritti riservati 

 

Questo sito-ebook va letto unitamente al volume F.P. Pinello (2020), Il Decoro. Dalla Cappella Sansevero a Palazzo Bongiorno (Tipheret, Gruppo Editoriale Bonanno, Acireale-Roma), perchè ne costituisce parte costitutiva e integrante. Chi visita il Palazzo può utilizzarlo come guida turistica online 

 


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Una ‘dimora filosofale’ a Gangi. Presentato il libro di Francesco Paolo Pinello

 

Il libro “Gli Affreschi di Palazzo Bongiorno ‘dimora filosofale’ a Gangi” di Francesco Paolo Pinello non solo illustra la bellezza di un palazzo nobiliare, che si attesta uno dei migliori esempi di architettura settecentesca delle Madonie, ma rivela, nel cuore della Sicilia, uno scrigno di cultura ‘sapienzale’ di raro valore. L’autore definisce questa antica dimora “una piccola biblioteca completa e compiuta, di alta e profonda cultura filogiansenistica e filomassonica alchemico-speculativa”. Una “dimora filosofale”, appunto, che nei suoi affreschi racchiude insegnamenti riconducibili al simbolismo della “Tabula Smaragdina Hermetis”, con perle di dottrina teologica agostiniana. E che sono rintracciabili nei miti eziologici di alcuni gradi del Rito Scozzese Antico e Accettato. Oggi Palazzo Bongiorno è sede di rappresentanza del Comune di Gangi.

Pinello, libero muratore del Grande Oriente d’Italia, non è estraneo ai cosiddetti ‘studi tradizionali’ (ha al suo attivo vari saggi) e ha perciò potuto approfondire il significato recondito dell’iconografia degli affreschi di Palazzo Bongiorno che, in quest’ottica, acquista nuovo fascino anche agli occhi dei non addetti ai lavori.

Il libro, edito da Lampi di Stampa, è stato presentato il 14 maggio a Palermo e il 15 maggio a Gangi su iniziativa delle logge parlemitane “Ruggero II” (1409) e “Zed Mediterranea” (1470) e dei loro maestri venerabili, rispettivamente Giovanni Cricchio e Salvatore Mancino, di concerto con la Nuova Accademia degli Industriosi di Gangi, presieduta da Marisa Ferraro. L’iniziativa si è avvalsa del patrocinio del Collegio Circoscrizionale della Sicilia. Ai fini organizzativi, significativo il contributo fornito anche da Enzo Scaglione e Nicola Macaione della Loggia “Ruggero II”. La Nuova Accademia degli Industriosi, che ha collaborato all’evento, raccoglie l’eredità dell’Accademia degli Industriosi del Settecento fondata dai fratelli Bongiorno, Baroni del Cacchiamo e di Capuano, uomini colti, ricchi ed estramente generosi, che nel sodalizio, situato proprio nel loro palazzo oggetto di studio di Pinello, coltivavano l’arte poetica, l’eloquenza, la storia sacra e profana e ogni ramo delle scienze.

In occasione della presentazione Francesco Paolo Pinello ha ricevuto dalle mani del Consigliere dell’Ordine del Grande Oriente d’Italia, Giuseppe Labita, una targa di riconoscimento per il suo libro del presidente circoscrizionale siciliano Giuseppe Trumbatore. Labita ha inoltre espresso il saluto e l’augurio per il successo della manifestazione da parte del Gran Maestro Stefano Bisi.

 

26 Luglio 2016

 


"ITINERARIO ALCHEMICO-MASSONICO" SICILIANO: GANGI

Servizio di Lucia Vincenti (Giornale di Sicilia del 22 Ottobre 2020, Palermo, pag. 24)
Servizio di Lucia Vincenti (Giornale di Sicilia del 22 Ottobre 2020, Palermo, pag. 24)

L'universo alchemico nel centro madonita di Gangi

Inediti segreti si svelano nei settecenteschi saloni, depositari di altre misteriose simbologie occulte. Negli affreschi chiari riferimenti alla libera muratoria in più elementi: dalla fune alla bilancia massonica

Il palazzo Bongiorno in chiave esoterica

LUCIA VINCENTI, Giornale di Sicilia, Giovedì 22 Ottobre 2020, p. 24

Il barone Francesco Benedetto Bongiorno di Cacchiamo marchese di Eschifaldo e il fratello Gandolfo Felice non solo abbellirono la dimora con opere pregne d'ermetismo ma vi realizzarono un'Accademia dagli ampi contenuti occulti.

 

Come in tutta la Sicilia, nel centro madonita di Gangi - oggi parte del circuito dei Borghi più belli d'Italia e già Borgo dei Borghi 2014 - l'esoterismo prese tanto piede che nei settecenteschi saloni di palazzo Bongiorno il barone Francesco Benedetto Bongiorno di Cacchiamo marchese di Eschifaldo e il fratello Gandolfo Felice, non solo abbellirono la dimora con opere pregne d'ermetismo ma vi realizzarono un'Accademia dagli ampi contenuti esoterici: quell'Accademia degli Industriosi che accrebbe l'importanza del piccolo centro siciliano contraddistinto dal mecenatismo dei due fratelli gravitanti nell'orbita massonica che affidarono, specie alla sala Clementia Mundi oggi sede del consiglio comunale, un forte simbolismo massonico.

L'Accademia - legata sia a Tommaso Moncada de' principi di Calvaruso che all'esoterica Accademmia del Buon Gusto di Palermo e ai suoi Fratelli Massoni - si adunò a palazzo ogni primo giorno del mese e l'esecuzione dei suoi affreschi fu affidata a Gaspare Fumagalli e al suocero Pietro Martorana e realizzata fra il 1756 e il 1759.

Il barone Bongiorno non badò a celare la sua affiliazione, evidente nel ritratto presente in Rime degli Industriosi di Gangi del 1769, dov'è raffigurato col braccio piegato a squadra e compasso e la mano nascosta, allusione alla fratellanza e segretezza.

Rinveniamo negli affreschi del Palazzo un chiaro riferimento alla libera muratoria - molto più che all'antica alchimia delle origini - in molti elementi.

In un dipinto che contiene anche i colori dell'Opera, due figure femminili simboleggiano "Iustitia et Pax", come l'iscrizione presente nel nastro tenuto da due putti indica. Una ha in mano lo scettro dell'Arte Regale e l'altra le tocca simbolicamente il torace mentre l'altro putto che le incorona con lo scettro regge con l'altra mano la bilancia massonica, simbolo di giustizia. Altri due putti sotto le due figure reggono la spada - simbolo del dominio su materia-fuoco - e un ramo d'acacia, allusione alla forza, resistenza e auspicio di passaggio dall'ignoranza alla conoscenza. Infine l'angelo posto nella parte destra del dipinto tiene in mano una fune, richiamo al nodo massonico.

In "Carità, Fede e Speranza", tre figure femminili con in mano un libro, una corona, una fiamma e uno "scettro particolare" rammentano il dipinto presente nel Tempio della Gran Loggia di Francia.

In un altro dipinto, troviamo raffigurati due giovani che si salutano secondo modalità massonica, un putto che regge un nastro con la dicitura "decoro decus sic floret" e un piccolo cubo sormontato dal simbolo del mercurio, chiaro riferimento della strada che il giovane iniziato - rappresentato senza corona d'alloro sul capo e gamba scoperta mentre stringe massonicamente la mano del ragazzo col mantello - deve percorrere per trasformare la sua vita e renderla perfetta come la pietra cubica. In basso, la cornucopia simboleggia abbondanza, prosperità e trasmutazione dei metalli.

Rinveniamo altri segni nel dipinto che ritrae una donna con lo scettro regale seduta vicino a un globo. Sotto di lei, un'altra figura femminile regge un compasso e un libro aperto, simbolo di conoscenza e quattro putti posti ancora più in basso (come i quattro elementi: acqua, terra, fuoco e aria) hanno un preciso simbolismo: uno tiene un vaso (contenitore alchemico), l'altro versa l'acqua indizio del "lavoro", e gli altri due con spighe e vassoio di frutta sono indizio di prosperità e successo confermato dalla donna al loro fianco che osserva amorevolmente la cornucopia e lo scettro con le ali e il simbolo del mercurio, auspicio del successo ma anche della necessaria trasmutazione e volatilità dei metalli. Un putto infine, sovrasta l'intera figura con l'ermetica scritta "Clementia Mundi".

Leggiamo nel volume "Il Decoro dalla Cappella Sansevero a Palazzo Bongiorno" di Francesco Paolo Pinello che due angeli dipinti "tengono in mano, in modo suggestivo e stilizzati in forma vegetale, i due simboli del Sole e della Luna".

Essendo molti di questi elementi analizzati presenti nelle "Tornate Massoniche" nei Contrassegni degli Ufficiali di Loggia - ossia i Fratelli che ricoprono cariche nell'ambito della Loggia -, comprendiamo che tra gli intenti di Bongiorno vi fu anche la rappresentazione dei Lavori di una Tornata.

Gangi diede anche i natali allo scultore Filippo Quattrocchi - già collaboratore del pittore Vito D'Anna e molto vicino ai fratelli Bongiorno. Ne rinveniamo simboli massonici nelle posture e nelle posizioni delle mani delle statue con l'indice di una mano rivolto verso il cielo e l'altro verso il basso, indizio che entrambi si assimilano alle azioni della corrente ascendente e della forza cosmica. Le sue statue sono presenti nella Chiesa Madre di S. Nicolò - che ospita tra le altre anche la cripta Fossa di Parrini con le mummie di preti di Gangi nel periodo 1725-1872 -, nella Chiesa del Santissimo Salvatore, nella chiesa della Madonna della Catena e di Santa Maria di Gesù.

Constatiamo che nel suo sito istituzionale la stessa amministrazione comunale informi della forte presenza esoterica di Palazzo Bongiorno e del Borgo percorrendo tracce che, partendo dal mito dell'identificazione tra Gangi e la città perduta di Engyon dei cretesi che seguirono re Minosse fino alla Sicania, prosegue con le note di Francesco Paolo Pinello - che ringraziamo, insieme al fotografo Natale Sottile, per alcune foto - e ci auguriamo che altri luoghi valorizzino la misteriosa presenza dei Liberi Pensatori del Settecento e Ottocento, motore prezioso e poco conosciuto della cultura, della storia e dell'arte siciliana.

 

 

Forme e segni

In alto, uno scorcio di Gangi: Borgo dei Borghi 2014; sotto il dipinto "Carità Fede e Speranza"; a destra, il ritratto del barone Francesco Benedetto Bongiorno di Cacchiamo. Si possono notare il braccio piegato a squadra e compasso e la mano nascosta, allusione alla fratellanza massonica e alla segretezza; in basso a destra, l'affresco "Iustitia et Pax", le due figure femminili simboleggiano la Giustizia e la Pace (NATALE SOTTILE) 


Giornale di SIcilia, Domenica 1 Novembre 2020, Palermo, p. 23

(Nella foto: Palazzo Reale o dei Normanni di Palermo, Ferdinando III Borbone re di Sicilia e Maria Carolina d'Austria)

 

 

Foto di Lucia Vincenti (cfr. Servizio sul Giornale di Sicilia, Domenica, 1 Novembre 2020, p. 23, Lucia Vincenti "Cappella Palatina, mosaici e sigilli sacri. Viaggio nello scrigno pieno di tesori")
Foto di Lucia Vincenti (cfr. Servizio sul Giornale di Sicilia, Domenica, 1 Novembre 2020, p. 23, Lucia Vincenti "Cappella Palatina, mosaici e sigilli sacri. Viaggio nello scrigno pieno di tesori")

Palazzo Reale

Simboli esoterici e scene dal Nuovo e vecchio Testamento raccontano la storia della Basilica. Nelle absidi laterali i segnali dell'alchimia nata in Egitto e diffusa poi agli arabi e in Europa

 

Cappella Palatina, mosaici e sigilli sacri. Viaggio nello scrigno pieno di tesori

(Lucia Vincenti)

 

[...] Le scale della Cappella portano nella Cripta, definita da Fazello Specum subterraneum religiosissimum, noto come primitiva chiesa di Santa Maria di Gerusalemme, col Tesoro della Cappella.

Notiamo un esoterismo diffuso, seppur più semplice, anche nella parte più recente di Palazzo dei Normanni nei bassorilievi e nella parete del vestibolo colla grande raffigurazione a mosaico del Genio di Palermo in panni regali con un grande medaglione con i volti dei sovrani Ferdinando III e Maria Carolina (figlia di Maria Teresa d'Austria vicina agli ambienti massoni). 

Riteniamo che il medaglione simboleggi l'Uovo Filosofico contenente il Re e la Regina da cui nascerà il Rebis. Un ermetismo dunque costante nel luogo che ospitò anche l'osservatorio astronomico del massone Piazzi che necessita di trattazione a parte ma per il quale basti accennare che la festa di Carnevale organizzata nel 1802 al Palazzo Reale ebbe come tema gli alchemici 4 elementi della Natura e le 4 stagioni e le dame si travestirono di Aria, Acqua, Terra e Fuoco. Come scrisse Pitré: <Non procedono sole [le dame]; tien loro compagnia Eolo, il cav. D. Antonio Chacon; Nettuno, il Marchese Salines Chacon; Titano, il marito della Celestre; Vulcano, il Principe di Cattolica, Giuseppe Bonanno; il Ciclope Sterope, D. Andrea Reggio, ed altri ancora. Con i quattro elementi della Natura sono anche le Quattro Stagioni dell'anno e tutte le deità dell'Olimpo pagano> 

 

 

 

Facebook, 1 Novembre 2020
Facebook, 1 Novembre 2020

Articolo su "La Sicilia" di Beatrice Levi del 14/07/2017

Gangi il borgo tra i più belli d’Italia che tiene vive le sue tradizioni

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WEEK END

Gangi il borgo tra i più belli d’Italia che tiene vive le sue tradizioni

14/07/2017 - 16:45di Beatrice Levi

 

Il 15 e il 16 luglio ritorna Memorie e tradizioni nel “Borgo più bello d’Italia"

Sabato e domenica il centro a cavallo tra il Palermitano e l’Ennese, vincitore del titolo Borgo dei borghi nel 2014, si offre ai visitatori attraverso una rievocazione storico-etno-gastronomica: pietanze, ricordi e tradizioni tramandate per generazioni che identificano la comunità nella sua autentica essenza.

 

 

Stradine che si inerpicano come gomitoli portano da un cortile all’altro delle case addossate e compatte tra loro, quasi a formare un unico abitato fatto di antiche chiese con alti campanili, come la Chiesa Madre, e di bei palazzi signorili, da Palazzo Sgadari, che ospita il Museo Civico, a Palazzo Bongiorno che è la sede del consiglio comunale. Questo è Gangi, poco meno di 7 mila abitanti, ultimo lembo del Palermitano verso il cuore della Sicilia, ai confini con l’Ennese, antenata della cretese Engio, distrutta da Federico III nel 1299 durante la guerra dei Vespri e ricostruita più in là sul Monte Marone.

La gradinata che porta fino a Palazzo Sgadari

Da quando tre anni fa Gangi vinse il titolo di Borgo dei borghi per la trasmissione tv “Kilimangiaro”, i riflettori si sono riaccesi sul centro siciliano che vanta una storia importante all’ombra della casata Graffeo, prima, e Valguarnera poi, da metà Seicento. Nel Settecento fu anche sede dell’Accademia massonica degli Industriosi fondata dal barone Francesco Benedetto Bongiorno. Da non perdere la Chiesa della Badia, ex convento benedettino del 1300 con i decori e gli affreschi di Giuseppe Crestadoro; Palazzo Bongiorno, residenza nobiliare del 1700 appartenente alla nobile casata, oggi sede del consiglio comunale; la Chiesa Madre, chiesa barocca del 1600 che ospita opere del Gagini, del Quattrocchi e del Salerno. A spiccare è Il giudizio universale, per diversi critici d’arte “secondo solo a quello di Michelangelo”, e la suggestiva cripta a fossa di parrina murti.

La Chiesa della Badia di Gangi

Da non perdere anche il Museo Civico che ospita 4 musei diversi: l’archeologico, l’etno-antropologico, quello delle armi e la Pinacoteca Gianbecchina; e il Santuario dello Spirito Santo, unico santuario in Italia ad essere dedicato ad una delle tre figure della Santissima Trinità e uno dei pochi al mondo (gli altri sono in Argentina e Portogallo), con all’interno bellissimi affreschi e l’immagine sacra dello Spirito Santo.

La cripta dei preti imbalsamati

Ogni anno Gangi celebra anche il lato più popolare della sua secolare storia. Con Memorie e tradizioni nel “Borgo più bello d’Italia, quest’anno giunto alla sesta edizione, il paese si offre attraverso le tradizioni e gli antichi sapori, ricordi tramandati da padre in figlio e da madre a figlia, che identificano la comunità nella sua autentica essenza. Un momento di rievocazione storico-etno-gastronomica di un cibo legato alla vita dei campi, alle abitudini agli usi e ai costumi di una comunità. L'edizione 2017, che si svolgerà sabato e domenica dalle 18.30 in poi, ripercorre le memorie e le tradizioni etniche e gastronomiche di uno dei periodi più floridi del borgo quando, a cavallo fra Ottocento e Novecento, con i suoi oltre 16.000 abitanti era il borgo più florido e popoloso del suo territorio: un’epoca in cui la vita agreste, pur con le sue contraddizioni, regolava il modus vivendi della comunità e della società siciliana.

Tra gli eventi della due giorni, da segnalare in piazza Valguarnera la rappresentazione del ciclo del grano, sulla via Castello uno spaccato del trascorrere della vita di ogni giorno nel borgo di un secolo e mezzo fa.

Sul sagrato della Catena sarà rappresentato Dell’amore e della guerra storie e vicissitudini familiari ai tempi della grande guerra. Al baglio della Catena si potrà degustare uno dei piatti più tipici di Gangi, ‘a pasta ccu màccu di fave mentre al piano Pitti si potrà assistere alla preparazione di U Pani di Casa. Tra via Cavalluccio e corso G.F. Vitale rivivranno i mestieri popolari del fabbro e del calzolaio, mentre nei pressi della chiesa di San Cataldo si potranno assaggiare ‘i pitànzi ascoltando ‘u cùntu, osservando l’antico mestiere del cestaio, assistendo alla preparazione di Tagliarini, pasta fatta in casa con farina di grano duro locale.

La vita aristocratica della famiglia del barone Sgadari rivivrà al corso Giuseppe Fedele Vitale, mentre in piazzetta Vitale, percorrendo le antiche strade medievali del borgo, si potrà degustare ‘U manciàri da’ fèsta.

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Laboratorio di storia del Grande Oriente d'Italia

 

Laboratorio di storia del Grande Oriente d'Italia n.19 Sett.-Dic. 2020

Iscrizione Tribunale Roma n.177/2015 del 20/10/2015

Direttore responsabile: Stefano Bisi

Art Director: Gianmichele Galassi

Direzione: Giovanni Greco

Redazione: Idimo Corte, Marco Cuzzi, Bernardino Fioravanti, Giuseppe Lombardo, Marco Novarino

Editore: Grande Oriente d'Italia, ROC n.26027, via San Pancrazio 8, 00152 Roma

Direzione e Redazione: MASSONICAmente, Grande Oriente d'Italia, via San Pancrazio 8, 00152 Roma

 

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Rassegna Quadrimestrale edita online su www.grandeoriente.it

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Speciale “Altare e compasso”

 

PRETI MASSONI NEL SETTE-OTTOCENTO

di Giovanni Greco

 

Il rapporto fra la massoneria e la chiesa di Roma è stato sempre, come è ben noto, di particolare complessità. Anni fa decisi di cominciare a raccogliere e catalogare materiale specifico e qui propongo una parte relativa a preti massoni nel sette-ottocento italiano. Naturalmente si tratta solo di una prima traccia, tutt’altro che esaustiva, che va approfondita e ampliata negli anni anche grazie ai contributi dei fratelli dei vari Orienti, dei lettori e degli storici. Il presente articolo viene pubblicato per gentile concessione della casa editrice Mimesis ed è contenuto nel testo da me curato NEL NOME DEL PADRE E DEI FRATELLI. Sacerdozio e massoneria, di imminente pubblicazione.

 

MARCELLO PAPINIANO CUSANI 1690-1766

Marcello Papiniano Cusani nacque a Frasso Telesino, attualmente in provincia di Benevento, il 17 febbraio 1690, figlio di un notaio. Nel 1709 scelse lo stato clericale, puntando da subito verso il rinnovamento della chiesa. Nel 1713 venne ordinato sacerdote e da allora ebbe continui contatti con la cultura laica e filoaustriaca, tant’è che la corte viennese gli assegnò un robusto beneficio – come ricorda Antonio Gisondi – la badia di san Filippo di Lauria in Calabria. Fu vescovo di Palermo, arciprete di Altamura dal 1747 al 1752, sempre ispirato da un cattolicesimo illuminato, fu vescovo assistente del Soglio pontificio. Insegnò presso le università di Napoli e di Torino e si rivelò “un uomo di pieno stampo illuminista”, assai apprezzato per i suoi studi giuridici. Fu il primo rettore dell’Università degli studi di Altamura, da lui fortemente voluta, unificando le sue due cariche di rettore e di arciprete della cattedrale di Altamura. Questa Università 1747-1812 godette di un’ottima reputazione al punto che Tanucci definì Altamura l’Atene di Puglia. Altamura ebbe insegnamenti di botanica, diritto, ebraico, greco, latino, matematica, fisica, medicina, teologia. Dopo Cusani, arciprete e rettore fu Gioacchino De Gemmis che conferì ulteriore slancio all’università altomurana. In questa università si formarono, secondo Angelo Massafra, personalità di spicco della massoneria napoletana come Giuseppe De Gemmis e Antonio Planelli della loggia degli Illuminati di Baviera. Anche nella città di Altamura non mancarono i massoni e altri preti massoni come il canonico Giambattista Manfredi. Per Cusani rappresentò un punto di riferimento il giusnaturalismo groziano, i fitti rapporti con Pietro Giannone e con l’intero milieu massonico del suo periodo, fecondo di spunti culturali e di stimoli fraterni. Sulle sue peculiarità massoniche cfr. Pietro Di Marco, Ruggiero di Castiglione e Antonio Gisondi. Afflitto da cecità fu accolto a Napoli dal generale degli Agostiniani, suo amico, Ignazio Della Croce, e lì morì nel 1766 sepolto nella chiesa degli Agostiniani Scalzi di S. Maria della Verità.

 

 

[...] 

 

GIOVANNI SERRAO 1731-1779

Il vescovo di Potenza Giovanni Maria Serrao, massone militante, cultore della purezza della religione, accusato di giansenismo e trucidato dai sanfedisti, era originario del paese di Castelmonardo completamente distrutto dal terremoto del 1783. In età più avanzata fu assai avverso alla curia romana, mostrando il suo netto distacco rafforzando il contatto con i suoi fedeli più modesti siti anche in piccole comunità di montagna dove si recava a dorso di mulo. Castelmonardo verrà riedificata dietro sua iniziativa in una località vicina, poi chiamata Filadelfia, Filadelfia di Calabria, in provincia di Vibo Valentia, in omaggio a Benjamin Franklin e agli aiuti da lui forniti avendo sinanco indicato gli strumenti tecnici per impostare la pianta della ricostituita comunità, secondo lo schema della Filadelfia americana alla fine del 1600, tipico di centinaia di città americane. Non casualmente la chiesa di S. Maria del Carmine ebbe l’ingresso principale nel retro della piazza centrale, a voler testimoniare la non ingerenza del potere ecclesiastico nella vita sociale e civile. Lo stemma di Filadelfia è rappresentato da due mani che si stringono in un simbolico e fraterno patto speciale di affetto e solidarietà. Come ricorda Elvira Chiosi ebbe anche molti aiuti e benefici da Alfonso Airoldi e dal noto massone siciliano Giuseppe Beccadelli, mentre subì l’influenza del grande cartesiano illuminato di Scalea Gregorio Caloprese (1654-1715), filosofo, medico e matematico, celebre per il suo ingegno – amato e studiato a lungo dal prof. Augusto Placanica - e trasse spunti intellettuali assai proficui da Gian Vincenzo Gravina e da Gaetano Filangieri sempre all’interno del milieu massonico. A Filadelfia di Calabria, e non solo, è assai vivo il ricordo del vescovo Serrao tant’è che esiste una loggia a lui intitolata. Nel 1799 il vescovo prese parte attiva alla repubblica romana e a Potenza fu lui a far alzare l’albero della libertà. In quella fase strinse forte amicizia con l’arciprete di Vaglio Matteo Catalano, di estrazione nobiliare, noto esponente filomonarchico e massone che nel 1800 pubblicò una raccolta di testi Opuscoli scritti in occasione della fatale anarchia del 1799, come ricordato da Tommaso Pedio e Angelo Massafra. Serrao finì assassinato in modo atroce, nell’episcopio insieme ai fratelli Giovanni e Nicola Siani: le loro teste infisse in alti pali e portate in corteo per la città di Potenza esponendole al pubblico ludibrio, ma anche alla pietà e al ribrezzo di tanta brava gente. Sull’appartenenza di Serrao alla massoneria si vedano gli scritti di E. Serrao, di R. Di Castiglione, di G. Cingari e di A. Pace.

Giovanni Andrea Serrao Panteon dei Martiri della liberta italiana, seconda ed., Torino, Gabriele d'Amato, 1852.

 

ISIDORO BIANCHI 1731-1808

Il camaldolese Isidoro Bianchi, nato e morto a Cremona, figlio di un sarto, battezzato col nome di Pietro Martire. Frequentò le scuole dei gesuiti e nel 1756 si fece frate ed entrò nell’ordine dei Camaldolesi. Fu nei monasteri di Classe a Ravenna, di San Gregorio a Roma e di Monreale. Professore a Ravenna di filosofia e di matematica, fu un poligrafo assai talentuoso, intensa la sua attività giornalistica. Appartenne ad una loggia cremonese e per decenni fu un massone in piena attività con forti relazioni culturali con l’ambiente riformatore meridionale e con altri eminenti massoni come Raimondo de Sangro, Gaetano Filangieri, Antonio Planelli, Giovanni Andrea Serrao e Salvatore Montaperto, principe di Raffadali, poi nominato ministro presso la corte di Danimarca e di cui fu anche segretario per un certo tempo. Fu assai devoto e amico dell’arcivescovo di Monreale F. Testa, dal camaldolese grandemente ammirato. Visitò le principali città europee in una specie di tour cultural-latomistico anche grazie ai buoni uffici e alla attività massonica del suo amico fraterno, il libraio editore Lorenzo Manini di Cremona. Dovette infatti molto alla massoneria cremonese che fu essenziale per i suoi percorsi in Italia e all’estero con particolare riferimento alla Danimarca. In urto con i suoi superiori fu trasferito al monastero di Fonte Avellana, vicino Gubbio “tra gli orrori solitari del più alto Appennino d’Italia”. Grazie alla “sacra deportazione” scrisse le sue belle Meditazioni: “se le mie meditazioni non saranno il frutto di un uomo di talento, lo saranno almeno di un uomo di cuore”. Combatté sempre per un’opera di riforma sociale e di incivilimento. Morì il 28 settembre 1808. Fu autore fra l’altro Dell’istituto dei veri liberi muratori e Dei misteri eleusini e dell’antico arcano.

 

 

[...]

 

NICOLA PACIFICO 1734-1799

Nicola Pacifico nacque e morì a Napoli, prete e patriota partecipò alla rivoluzione napoletana del 1799. Svolse l’apprendistato al sacerdozio nella parrocchia dell’Avvocata e nel 1757 frequentò i corsi teologici del presbitero Bartolomeo Amoroso. Studioso di matematica e di fisica - venne persino elogiato da Antonio Genovesi nelle sue Lezioni di commercio - fece parte dell’Accademia reale di scienze e belle lettere di Napoli dove, secondo Diego Carnevale, tenne anche lezioni sui “fenomeni de’ tremuoti di Calabria del 1783”. Negli anni settanta divenne membro della loggia “L’amicizia” della Gran Loggia nazionale “Lo Zelo”, prima di passare alla loggia “La verità”. Nel 1786 conobbe il teologo luterano e autorevole membro della massoneria, Friederich Munter, contribuendo a fondare la loggia “Philantropia”, mentre a Catania, per sollecitazione di Diego Naselli dei principi d’Aragona, creò la loggia “dell’Ardore” insieme al matematico e naturalista Domenico Tata dove ebbe come M.V. Ignazio Paternò dell’Accademia degli Industriosi di Gangi. Come ricorda Diego Carnevale, fra gli altri, ebbe il merito di nascondere per alcuni mesi a casa sua, in strada dell’Infrascata, Francesco Saverio Salfi, accanitamente ricercato dalla polizia per il suo patriottismo sino all’aiuto essenziale per favorirne la fuga verso Genova. “Nel corso dell’attacco alla capitale dalle truppe sanfediste, Pacifico guidò il suo battaglione in diverse operazioni nei borghi di Pianura, Soccavo, Bagnoli e infine al ponte della Maddalena” (D. Carnevale). Nicola Pacifico per aver comandato il battaglione “Affaitati” e per altri motivi venne arrestato, portato nel carcere della Vicaria e condannato a morte per impiccagione, condanna eseguita nella piazza del Mercato. Francesco Paolo Pinello ne parla nel suo L’amore è il peso che dà il moto all’anima (2015). Allorquando subì da parte della chiesa la messa allo stato laicale, la sua dissacrazione avvenne contemporaneamente con quella del vescovo di Vico Equense Michele Natale.

 

[...] 

 

 

RAFFAELE DRAGO 1748-1824

nedettino di San Martino alle Scale presso Palermo (cfr. Rosanna Equizzi, San Martino delle Scale: la collezione archeologica, Roma 2006). Direttore dell’Accademia palermitana del Buon Gusto, professore di diritto canonico. Membro di una loggia inglese palermitana fondata nel 1780 con patente rilasciata dal G.M. provinciale duca di san Demetrio e di cui era M.V. Carlo Cottona di Villarmosa. Giuseppe Pitrè lo ha menzionato come “un padre dotto e buono”, mentre il marchese di Villabianca nella Appendice alla Sicilia nobile lo indicò come “uno de’ bravi letterati che di presente si hanno in patria” e lo segnalò come autore della “Canzonetta” che nel 1796 venne creata per il corpo franco dei Volontari siciliani. Di Raffaele Drago ne parla anche Francesco Paolo Pinello in L’amore è il peso che dà il moto all’anima, testo dedicato al giansenismo e alla massoneria nella seconda metà del Settecento in Sicilia.

 

[...]

 

 

 

 

Giovanni Greco (Salerno 1950), già professore ordinario di Storia contemporanea al Dipartimento di Storia Culture Civiltà dell’Alma Mater Studiorum – Università di Bologna. Ha insegnato all’Università degli Studi di Salerno, all’Università degli Studi Modena e Reggio Emilia e all’Accademia Militare di Modena. Ha lavorato nelle facoltà di Lettere e Filosofia, Magistero, Scienze umane, Lingue e letterature straniere, Scienze politiche, Giurisprudenza, Scienze della Formazione. Ha al suo attivo 257 pubblicazioni, di cui 70 fra monografie e curatele. Ha ricoperto numerosi incarichi istituzionali e dirige riviste e collane. Per la casa editrice Mimesis, nella collana “Il flauto magico”, ha già pubblicato Gran Maestri d’Italia 1805-2020. Il diritto e il rovescio della storia del Goi attraverso i suoi massimi esponenti (Milano 2020).


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