Ricerche sulla devianza sociale cognitiva e sul mutamento sociale
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Questo sito-ebook va letto unitamente al volume F.P. Pinello (2020), Il Decoro. Dalla Cappella Sansevero a Palazzo Bongiorno (Tipheret, Gruppo Editoriale Bonanno, Acireale-Roma), perchè ne costituisce parte costitutiva e integrante. Chi visita il Palazzo può utilizzarlo come guida turistica online
Questa pagina web è dedicata agli errata corrige e alle aggiunte brevi a Pinello F.P. (2020), Il Decoro ...
P. 11, riga n. 15: < religione > e non < relgioone >.
P. 13, riga n. 30: < soprattutto" e non < sopprattutto >
p. 34, riga n. 27: Michelangelo Gregorio non era figlio, bensì nipote di Gandolfo Felice Bongiorno. Suo padre era il barone Francesco Benedetto Bongiorno.
Pag. 46 (integrazione): Così come l'Accademia degli Industriosi di Gangi può essere ricondotta alla famiglia dei principi di Calvaruso, l'Accademia degli Agricoltori Oretei di Palermo può essere ricondotta alla famiglia dei principi Gravina di Palagonia e, in modo particolare, come scrive Marcello Verga, a <due tra i più importanti esponenti della nobiltà palermitana: il principe di Camporeale e il figlio, marchese della Sambuca> (M. Verga, in <La Sicilia nel Settecento>, Atti del convegno di studi tenuto a Messina nei giorni 2-4 ottobre 1981, 2 voll., Messina, Università degli Studi di Messina, 1986, I, pp. 271-310, con il Discorso meccanico-politico colla descrizione di un carro di nuova invenzione per isgusciare il grano e tritare la paglia, recitato nell'accademia in settembre 1753 dal signore abate don Mariano di Napoli e Bellacera dei principi di Resuttano palermitano detto fra noi Abanto Melpomeneo, oggi duce dell'accademia, pp. 311-327. il testo del Discorso è in Biblioteca Comunale di Palermo, Ms 2Qq F. 18).
L'Accademia degli Industriosi di Gangi dedicò una sua opera al marchese della Sambuca: LA MUSA ENGUINA NELL'UNIVERSALE ACCLAMAZIONE In Consigliere, Primo Segretario di Stato degli affari esteri, e Casa Reale, Sopraintendente delle Poste, della Giunta Gesuitica, e degli Abusi DI S.R.M. FERDINANDO QUARTO RE DELLE DUE SICILIE DEL SIGNOR D. GIUSEPPE BOLOGNA MARCHESE DELLA SAMBUCA, De' Principi di Camporeale &c. Gentiluomo di Camera, e Cavaliere del R. Ordine di S. Gennaro &c. CANTI TRE DEL BARONE D. GANDOLFO FELICE BONGIORNO DE' BARONI DEL CACCHIAMO, Fra gli Arcadi Lucidio Eliconio, Vice-Custode della Colonia Arcadia Enguina degli Industriosi: Accademico Ereino, e del Buon-Gusto &c. In Palermo MDCCLXXVII Appresso D. Antonio Valenza Impressore Camerale.
<Il Camporeale, da poco tempo chiamato a presiedere la Giunta di Sicilia a Napoli, mostrò infatti un notevole interesse per la nuova accademia degli Agricoltori Oretei, e accettando il titolo onorifico di fondatore e protettore dell'accademia, offertogli dal duca di Cefalà, manifestava l'intenzione di concorrere, "quanto potrò", "al programma e alla perfezione dell'accademia"> (Verga, 1986, cit. p. 295, con cit. della Lettera del principe di Camporeale da Napoli in data 6 ottobre 1753, in Biblioteca Comunale di Palermo, Ms. Qq F. 233).
Bisogna prendere seriamente in considerazione il fatto che, dietro Cefalà e gli Agricoltori Oretei, ci fossero in realtà il principe di Campofranco e suo figlio, il Marchese della Sambuca. L'ecclesiastico Emmanuello Beccadelli di Bologna dei Marchesi della Sambuca, secondogenito di Pietro, principe di Camporeale, e di Marianna Gravina dei principi di Palagonia, nonché fratello minore del più noto Giuseppe Bologna, marchese della Sambuca, era Massone (cfr. R. di Castiglione, La Massoneria nelle Due Sicilie e i "Fratelli" Meridionali del '700, ***** La Sicilia, Roma: Gangemi, 2011, pp. 106, 212, 214 ss.).
Ricordo, inoltre, che già ai tempi di Raimondo de' Sangro Principe di San Severo, i rapporti tra la Massoneria napoletana e quella siciliana erano tenuti proprio dalle famiglie de' principi di Calvaruso e de' Gravina principi di Palagonia. Scrive Ruggiero Di Castiglione: <Membri di nobili famiglie insulari, come i Moncada di Calvaruso e i Gravina di Palagonia (...) hanno certamente ricoperto un ruolo di primo piano nella divulgazione delle idee massoniche e nella fondazione delle prime logge in terra siciliana> (Di Castiglione, 2011, cit. p. 18).
<A sua volta, il marchese della Sambuca, allora gentiluomo di camera di Carlo di Borbone e destinato poi a svolgere un ruolo di primo piano nella politica napoletana, esprimeva in una lettera piena d'amicizia e di affetto per il duca di Cefalà la sua adesione all'accademia di agricoltura; <ti auguro tuttavia - aggiungeva il Sambuca - gran coraggio per soffrire le critiche o per meglio dire le satire della gente ignorante e maligna, alle quali stanno soggette le nuove intraprese; bisogna tollerarle in pace e fare il profitto che il paese riceverà da codesta, che io stimo erudita assemblea, serva loro di risposta> (Verga, 1986, cit., p. 296, con cit. Lettera del marchese della Sambuca da Napoli in data 6 ottobre 1753, nella Biblioteca Comunale di Palermo, ms. Qq F. 233.).
Esponente di punta dell'Accademia degli Agricoltori Oretei era l'ecclesiatico Mariano Di Napoli (ne ricoprì la carica massima di "Duce"). Mariano Di Napoli era il figlio minore di Federico Di Napoli principe di Resuttano, protettore e mecenate dell'Accademia dei Pastori Ereini, fondata dal Migliaccio e dal Mongitore. I "travagli" dell'Accademia degli Industriosi di Gangi si svolgevano in rete proprio con l'Accademia degli Ereini e con l'Accademia Palermitana del Buon Gusto, della quale l'accademia di Gangi era "Seconda Colonia".
Su Federico Di Napoli principe di Resuttano, cfr. Orazio Cancila (a cura di), Noi il Padrone, Palermo: Sellerio, 1982.
Pag. 46 (integrazione): alla fine del paragrafo dal titolo < L'"Industrioso" Tommaso e Guglielmo Moncada principe di Calvaruso >, in merito agli anni in cui il barone Francesco Benedetto Bongiorno e l'arcivescovo di Messina Tommaso Moncada dei principi di Calvaruso proteggevano i "preti sediziosi e tumultuanti" di Gangi, in modo particolare i due capi don Luca Dongarrà e don Onofrio Vitale, va aggiunto che:
< Nel 1761, l'arcivescovo Moncada venne in visita a Gangi. A Palazzo Bongiorno, durante un'adunanza dell'Accademia degli Industriosi, "iniziò" al sacerdozio e involò ad Apollo Giuseppe Fedele Vitale, che era il nipote di don Onofrio Vitale, in un contesto dal retrogusto iniziatico di abbracci fraterni e di "Sonetti a Corona" ("Corone di Sonetti), e cioè di "Catene d'Unione".
Sulle Corone di sonetti e sugli abbracci (l'abbraccio dell'affresco del "Decoro" di Palazzo Bongiorno), si vedano le pagine web di questo sito:
https://accademiaindustriosidigangifra.jimdofree.com/approfondimenti-corone-di-sonetti-e-impresa/
https://accademiaindustriosidigangifra.jimdofree.com/il-decoro/
[...] raccontasi ch'essendo egli [Giuseppe Fedele Vitale] al ventisettesimo anno della sua età [siamo nel 1761], trovassi per la visita della diocesi a passare in Gangi l'Arcivescovo di Messina Monsignor D. Tommaso Moncada. Quivi, essendosi costui degnato di accoglier sotto i suoi auspicj l'Accademia degli Industriosi, essi concertatogli un tributo di grazie, lo invitarono ad intervenire in quella. Monsignore accettò l'invito, e preparatosi un sonetto di ringraziamento, fece poi rappresentarlo dal suo segretario; ma inaspettatamente, levasi ritto il giovane Vitale e sull'ultimo verso di quello ne improvvisa un altro di cui Monsignore rimase tanto compiaciuto, e sorpreso, che corse ad abbracciarlo, pregollo di darsi al sacerdozio, e trovatolo pronto a seguir la voce del suo Pastore, sclamò: ho involato ad Apollo il più eletto figliuolo, per farne un dono alla Chiesa (La Sicilia Liberata. Poema Eroicu Sicilianu Di lu ciecu Ab. D. D. Giuseppi Fidili Vitali, e Salvu di Gangi. Opera postuma, Voll. V. Palermu. Pri li stampi di Vincenzu Lipomi, 1815. A spisi di lu stissu, e cu li soi propri caratteri, Volume V, p. 226 ) >.
P. 51, riga n. 22: < 1769 > e non < 1969 >.
PP. 51-52: Baldassarre Platamone Cannizzaro, duca di Belmurgo, e Platamone (Michele) da Palermo, duca di Cannizaro, non sono la medesima persona, bensì Michele era il figlio di Baldassarre.
P. 61, riga n. 14: < dei Saraceni > e non < del Saraceni >.
P. 68, riga n. 13: < Accademia degli Industriosi > e non < Accademia degli Industruzione >.
P. 125, riga 27: < di già > e non < di gà >.
P. 141, nota n. 41: Come riportato da Salvatore Farinella, "Il testamento del barone Francesco Benedetto Bongiorno, in data 29 gennaio 1767, figura in ASTI, fondo notai defunti, notaio Andrea Cammarata. vol. 7075, c. 60/73; l'inventario dei beni testamentari [...] è datato 21 febbraio e 9 marzo 1767 e figura in ASTI, fondo notai defunti, notaio Andrea Cammarata, vol. 7075, c. 75-111 v.
Le note autografe di don Luca Dongarrà, padre spirituale e 'compare' del barone, riguardo al testamento del Bongiorno e ai tentativi di Gandolfo Felice [Bongiorno, fratello del barone] di far passare per autentica una nuova lista testamentaria da egli falsificata sono in APCG, vol. IV, c. 6" (Il Palazzo dei Bongiorno a Gangi. La famiglia, il palazzo, i dipinti, 2008, Petralia Soprana: Stampe & Comunicazione, p. 179).
ASTI: Archivio Storico di Termini Imerese, Fondo notai defunti.
APCG: penso che si tratti dell'Archivio Padri Cappuccini di Gangi, anche se Farinella scrive "Archivio Frati Cappuccini di Gangi".
Tengo a precisare, in aggiunta a quanto scritto in Il Decoro ... (2020) , che don Luca Dongarrà (padre spirituale e "compare" del barone Francesco Benedetto Bongiorno) è lo stesso don Luca Dongarrà di cui parlo a p. 41 e a p. 42 nota n. 21, unitamente all'altro sacerdote don Onofrio Vitale, zio del segretario dell'Accademia degli Industriosi Giuesppe Fedele Vitale. Don Luca Dongarrà e don Onofrio Vitale erano due capi dei preti "sediziosi e tumultuanti" protetti dall'arcivescovo di Messina e Patriarca di Gerusalemme Tommaso Moncada de' principi di Calvaruso, nonché dal barone Francesco Benedetto Bongiorno.
P. 152, riga 12: < tramuterai > e non < tramutarai > .
P. 155, riga 11: < Annicelli > e non < Bellon >.
P. 181, riga 17: < un Giovane > e non < in Giovane >.
P. 182, riga 19: < Principi > e non < Prencipi >.
P. 194, riga 1: < Agamennone > e non < Agamenone >.
P. 207, riga 3: < Economia > e non < Eeconomia >.
P. 208, riga 6: < dalla foto che segue > e non < dalle due foto che seguono >.
P. 213, riga 7: < la Corona, che non è di papaveri, ma di foglie di vite > e non < la Corona, che non è di foglie di vite, ma di papaveri>.
Le scuse per la sviste sono dovute.
Francesco Paolo Pinello
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